
Come ci siamo riproposti (1,(*)) intendiamo analizzare due studi rabbinici su Gesu’ Cristo dovuti rispettivamente al Rabbino Capo di Roma Ysrael (Eugenio) Zolli (2) e al diplomatico israeliano Pinchas Lapide (3). In entrambi i casi un importante elemento di confronto e’ dato dal famoso Discorso della Montagna di Gesu’ Cristo (4).
Esaminiamo nelle seguenti osservazioni alcune delle affermazioni formulate al riguardo da parte dei due studi rabbinici:
OSSERVAZIONE a) Entrambi concordano sul fatto che il testo del discorso della Montagna dimostra che il suo autore parlava aramaico (elemento che deducono entrambi dal particolare costrutto delle frasi), che conosceva perfettamente la Tanakh, ovvero l’Antico Testamento (AT) al punto da citarlo continuamente ed infine che conosceva perfettamente le regole dettate dalle scuole della tora’, secondo le quali l’insegnamento doveva essere fatto stando seduti (da cui il nome cattedra). Tuttavia mentre Zolli afferma che il testo grecodei Vangeli sia particolarmente “raffinato”, Lapide invece lo considera “rozzo”.
Critica – Sul primo punto (aramaico come lingua parlata da Gesu’), non vi e’ dubbio alcuno – cosa peraltro ovvia anche dalla Vulgata dei Vangeli dove alcune sua frasi emblematiche sono rimaste in aramaico. Sul secondo punto (perfetta conoscenza della Tanakh da parte di Gesu’), ovviamente non si puo’ che concordare totalmente, visto che la sua straordinaria conoscenza dell’AT era gia’ stata messa alla prova sin da quando Gesu’ Cristo a tredici anni in occasione del suo Bar Mizvà aveva discusso per tre giorni di fila l’interpretazione dell’AT con i rabbini nel Tempio di Gerusalemme! Sul terzo punto si puo’ solo concordare. Infatti sappiamo che quando Gesu’ insegnava nel tempio, nelle sinagoghe o come appunto accade nel Discorso della Montagna, stava sempre seduto. Infine riguardo alla lingua greca usata nei Vangeli, basta leggerne un qualunque brano per comprenderne la grandezza e nobilta’, se non la liricita’, del linguaggio.
OSSERVAZIONE b) Inoltre sia Zolli che Lapide concordano che Gesu’ era un ebreo fariseo osservante, che veniva considerato Rabbi e che quindi predicava nelle sinagoghe e portava gli abiti con le frange. Tuttavia Gesu’ non era interessato al rispetto della forma e alla lettera delle tradizioni, quanto al loro significato.
Critica – L’affermazione e’ senza dubbio corretta. Infatti Gesu’ afferma che nella tradizione biblica vi sono “leggi fatte dagli uomini” e quindi non da Dio. Sono appunto tali le regole del cibo e del vestire, ma anche la regola del sabato spinta fino alla pena di morte nel caso di sua violazione, oppure la regola di lapidazione delle donne adultere. In particolare su quest’ultimo punto Gesu’ contesta il diritto di chiunque ad eseguire una simile pena (Giovanni 8:7-11). Piu’ in generale possono rientrare in questa categoria le regole della tradizione biblica che sono cambiate nel tempo (6).
OSSERVAZIONE c) Tuttavia mentre Zolli ritiene inutile il tentativo di una traduzione inversa (dal greco in aramaico) in quanto necessariamente non univoca (“voler trovare attraverso il testo greco l’equivalente in aramaico e’ – a parere nostro – vana fatica“), secondo Lapide questo compito risulta – al contrario – molto importante al fine di individuare la connessione con l’AT.
Critica – L’affermazione di Lapide e’ dubbia. Per due motivi: -l’intrinseca ambiguita dell’interpretazione dell’AT a causa della scrittura in lingua ebraica o aramaica, priva in entrambi i casi delle vocali e anche a causa del molteplice possibile significato delle parole scritte. – Inoltre, anche a prescindere da cio’, il presupposto, dell’affermazione di Lapide si fonda sulla congettura che la traduzione inversa e il suo significato possano essere individuati con ragionevole certezza, cosa effettivamente ardua se non impossibile.
INTERPRETAZIONE DEL DISCORSO DELLA MONTAGNA
OSSERVAZIONE d) – Secondo Lapide il Discorso della Montagna e’ una esplicita dichiarazione di fede nella tora, l’insegnamento biblico. Pertanto Il Discorso della Montagna andrebbe meglio inteso come Insegnamento della Montagna (vedasi anche Osservazione a)) dove l’insegnamento e’ diretto verso tre gruppi di persone: 1) i discepoli (il Piccolo Gregge) 2) tutta Israele 3) tutte le genti, ovvero”le pecore smarrite”. Tuttavia Zolli riconosce invece che con il suo insegnamento Gesu’ chiede anche “il superamento della giustizia degli scribi e dei farisei” (Matt 5:20) e che pertanto a questo fine occorrono “otri nuovi” (Matt 11:17).
Critica – L’affermazione di Lapide, riguardo alla dichiarazione di fede nella tora da parte di Gesu’, e’ senza dubbio corretta. Infatti Gesu’ nell’introduzione al Discorso della Montagna dichiara non solo la sua fedelta’ alla tora, l’insegnamento biblico, ma che del suo insegnamento “non passera’ neppure uno iota o un segno della legge (ovvero neppure uno dei precetti minimi, ovvero “piu’ leggeri”), prima che tutto sia compiuto”. Tuttavia la giustizia degli scribi e farisei non basta, come Zolli stesso afferma. Gesu’ chiede di piu’ ai suoi fedeli (“otri nuovi”).
OSSERVAZIONE e) – Secondo Zolli tutte le 9 beatitudini, inclusa l’ultima riguardante il precetto “ama il tuo nemico”(5), sarebbero gia’ incluse nella tora e in particolare. Lapide concorda che le prime 8 beatitudini siano gia’ incluse nella tora e in particolare individua una precisa corrispondenza nei salmi. Mentre invece afferma che il nuovo comandamento di Gesu’ (la 9 beatitudine) sarebbe soltanto un “mito irrealizzabile”.
Critica – L’affermazione che le prime 8 beatitudini siano gia’ incluse nei salmi (Zolli e Lapide) e’ certamente corretta. Mentre riguardo alla 9:
a) l’affermazione di Zolli che sia gia’ inclusa nella tora e’ invece errata. Basta infatti citare il precetto “dell’occhio per occhio e dente per dente” [Lev 24, 19-20] « 19Se uno farà una lesione al suo prossimo, si farà a lui come egli ha fatto all’altro: 20 frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatto all’altro. » Ma ancora piu’ importante e’ osservare il nuovo comandamento di Gesu’ “ama il tuo nemico” e’ proprio la modifica che Gesu’ chiede di attuare rispetto alla “giustizia degli scribi e farisei”! Quindi non ci si puo’ salvare se non si amano i nemici (cioe’ non si cerca di (ri-)portarli al bene e convertirli anche se sono immersi nel male e nella colpa!).
b) infine, l’affermazione di Lapide che il nuovo precetto di Gesu’ “ama il tuo nemico” sia un mito irrealizzabile in pratica e’ parimenti sicuramente errata. La questione e’ se amare il proprio nemico implichi anche dare la vita per lui. Gesù ha certamente dato la vita per i suoi nemici dunque una perfetta imitatio Christi implica l’essere disposti a morire per i propri nemici. Si tratta ovviamente non di un dovere morale ma di un tratto di perfezione spirituale come imitazione di Cristo. Sul piano del dovere morale cristiano (dovere di carità) c’è l’amare i nemici ovvero il volere loro il bene (ad es. la conversione, la salvezza, etc.). La legittima difesa e la guerra giusta restano sempre moralmente lecite. Bisogna distinguere dunque il dovere morale dalla perfezione spirituale (che non è doverosa) così come il dovere di giustizia (che impegna tutti) dal dovere di carità (che impegna solo i battezzati) in quanto che la giustizia è virtù naturale mentre la carità è virtù teologale (assente/impossibile in chi non sia soprannaturalizzato dallo Spirito Santo). Infine una osservazione. Sicuramente il “dare la vita per il proprio nemico” e’ un sacrificio eroico ma non e’ un mito irrealizzabile. Il motivo e’ che Gesu’ stesso e tutti i martiri della Chiesa Cattolica lo hanno realizzato!
CONCLUSIONE
Sia Zilli che Lapide paiono raggiungere conclusioni straordinarie riguardo all’insegnamento di Gesu’ contenuto nel Discorso della Montagna.
La differenza di attitudine complessiva e’ pero’ evidente:
Zilli ritiene che l’insegnamento di Gesu’ sia pienamente compatibile con la tora. Tuttavia riconosce che vi siano divergenze con l’insegnamento fariseo specialmente sul rispetto formale dei precetti di comportamento (“le leggi degli uomini” che si riconoscono perche’ cambiano nel tempo, come anche riconosciuto nel Talmud).
Mentre invece Lapide ritiene che l’insegnamento di Gesu’, pur radicato nella tora, sia solamente un mito irrealizzabile. L’analisi di Lapide presuppone quindi un sostanziale rifiuto dell’insegnamento di Gesu’ Cristo.
Da notare, infine, per quanto riguarda Zolli ulteriori aspetti straordinari della sua analisi che fanno forse intuire la sua successiva conversione al Cattolicesimo:
1) secondo Zolli, vi e’ la concordanza tra il racconto della Passione nei Vangeli e “Il Servo Sofferente” di Isaia (ivi chiamato anche “il germoglio di Iesse“), descritto otto secoli prima del suo avveramento, non lascia alcun dubbio sull’dentita’ di Colui che doveva venire e il compimento della Promesse:
-“Disprezzato, uomo dei dolori che ben conosce il patire [..]”;
– “Non ne avevamo [noi ebrei] avevano alcuna stima. Eppure egli si e’ caricato delle nostre sofferenze , si e’ addossato i nostri dolori [..]”;
-“Egli e’ stato trafitto per i nostri delitti [..]”;
-“Per le sue piaghe , noi siamo stati guariti“.
2) Per Zolli, l’identificazione del “Servo sofferente” con Gesu’Cristo non solleva piu’ alcun dubbio.
3) Come anche la sua filiazione divina. Secondo Zolli questa e’ evidente da quello definisce con il termine greco exousia (ἐξουσία), ovvero la potenza divina condivisa con Dio Padre. Questa potenza era necessaria per compiere miracoli, perdonare i peccati, fare di Gesu’ il Padrone del sabato, la persona di autorita’ assoluta capace di indicare il nuovo comandamento dell’amore fino al sacrificio della vita.
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