Città del Vaticano, 7 ottobre 2022
Al Rev. Padre Dave Pivonka,
Presidente Università francescana di Steubenville
1235 University Boulevard
Steubenville, Ohio
43952-1792 U.S.A.
_______________
Caro padre Pivonka,
è per me un grande onore e una grande gioia che negli Stati Uniti d’America, presso l’Università francescana di Steubenville, un Simposio internazionale si occupi della mia ecclesiologia, inserendo così il mio pensiero e il mio sforzo nella grande corrente in cui si è mosso.
Quando ho iniziato a studiare teologia, nel gennaio del 1946, nessuno pensava a un Concilio ecumenico. Quando Papa Giovanni XXIII lo annunciò, con sorpresa di tutti, c’erano molti dubbi sul fatto che avrebbe avuto senso, anzi che sarebbe stato possibile, organizzare le intuizioni e le domande nell’insieme di una dichiarazione conciliare e dare così alla Chiesa una direzione per il suo ulteriore cammino. In realtà, un nuovo concilio si è rivelato non solo significativo, ma necessario. Per la prima volta, la questione di una teologia delle religioni si era mostrata nella sua radicalità. Lo stesso vale per il rapporto tra la fede e il mondo della semplice ragione. Entrambi i temi non erano mai stati previsti in questo modo. Questo spiega perché il Concilio Vaticano II all’inizio minacciava di turbare e scuotere la Chiesa più che di darle una nuova chiarezza per la sua missione. Nel frattempo, la necessità di riformulare la questione della natura e della missione della Chiesa è diventata gradualmente evidente. In questo modo, anche il potere positivo del Concilio sta lentamente emergendo.
Il mio lavoro ecclesiologico è stato segnato dalla nuova situazione che si è creata per la Chiesa in Germania dopo la fine della Prima guerra mondiale. Se fino ad allora l’ecclesiologia era stata trattata essenzialmente in termini istituzionali, ora si percepiva con gioia la più ampia dimensione spirituale del concetto di Chiesa. Romano Guardini descrisse questo sviluppo con le parole: “È iniziato un processo di immensa importanza. La Chiesa si sta risvegliando nelle anime”. Così, il “Corpo di Cristo” divenne il concetto portante della Chiesa, che di conseguenza, nel 1943, trovò la sua espressione nell’enciclica Mystici Corporis. Ma con la sua ufficializzazione, il concetto di Chiesa come corpo mistico di Cristo aveva allo stesso tempo superato il suo apice e veniva criticamente riconsiderato.
Fu in questa situazione che pensai e scrissi la mia dissertazione su Popolo e Casa di Dio nella dottrina agostiniana della Chiesa. Il grande Congresso agostiniano tenutosi a Parigi nel 1954 mi diede l’opportunità di approfondire la posizione di Agostino nel fermento politico dell’epoca. La questione del significato della Civitas Dei sembrò allora definitivamente risolta. La dissertazione di H. Scholz su Glaube und Unglaube in der Weltgeschichte (Credenza e incredulità nella storia del mondo), elaborata alla scuola di Harnack e pubblicata nel 1911, aveva mostrato che le due Civitates non indicavano alcun organismo societario, ma piuttosto la rappresentazione delle due forze fondamentali della credenza e dell’incredulità nella storia. Il fatto che questo studio, scritto sotto la direzione di Harnack, fosse stato accettato summa cum laude gli assicurava di per sé una piena approvazione. Inoltre, si inseriva nell’opinione pubblica generale, che assegnava alla Chiesa e alla sua fede un posto bello, ma anche innocuo. Chi avesse osato distruggere questo bel consenso non poteva che essere considerato un ostinato. Il dramma del 410 (la presa e il sacco di Roma da parte dei Visigoti) scosse profondamente il mondo di allora e anche il pensiero di Agostino. Naturalmente, la Civitas Dei non è semplicemente identica all’istituzione della Chiesa. In questo senso, l’Agostino medievale commise un errore fatale, che oggi, fortunatamente, è stato definitivamente superato. Ma la completa spiritualizzazione del concetto di Chiesa, da parte sua, manca del realismo della fede e delle sue istituzioni nel mondo. Così, nel Vaticano II la questione della Chiesa nel mondo è diventata finalmente il vero problema centrale.
Con queste considerazioni ho voluto solo indicare la direzione in cui mi ha condotto il mio lavoro. Spero sinceramente che il Simposio internazionale dell’Università francescana di Steubenville sia utile nella lotta per una giusta comprensione della Chiesa e del mondo nel nostro tempo.
Vostro in Cristo,
Benedetto XVI
(*) Originale in inglese: http://www.fondazioneratzinger.va/content/dam/fondazioneratzinger/foto-news/Letter%20of%20Pope%20Benedict%20to%20Father%20Dave-steubenville-pivonka%20eng.pdf