
NOTA BIBLIOGRAFICA: IL PRIMO ARTICOLO SULLA QUESTIONE DELLA DECLARATIO DI BENEDETTO XVI (2013)
L’articolo in questione, discusso in (1), e’ il seguente:
DON STEFANO VIOLI: “La rinuncia di Benedetto XVI. Tra storia, diritto e coscienza“, “Rivista Teologica di Lugano” XVIII, 2 / 2013. L’autore è sacerdote della diocesi di Modena, che insegna diritto canonico nella Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna e nella Facoltà di Teologia di Lugano.
Ecco come si esprime al riguardo Antonio Socci nel suo Libro “Non e’ Francesco” (Mondadori, settembre 2014). a pagg. 93 -94:
“Lo studio, intitolato La rinuncia di Benedetto XVI. Tra storia, diritto e coscienza“ e’ apparso sulla “Rivista Teologica di Lugano, contiene per la prima volta un’attenta lettura della Declaratio, la formula solenne con cui Benedetto XVI ha annunciato la sua “rinuncia” (notare qui le virgolette per porre in dubbio la validita’ della stessa Declaratio NDR) e le sorprese sono clamorose:
Due sono i dati che (secondo Socci NDR) emergono dalla Declaratio: in primo luogo il mancato rispetto del canone Can. 332 § 2; in secondo luogo la scelta di un lessico differente dalla norma Quoniam alicui di Bonifacio VIII che parla di rinuncia al papato (Renunziare Papatui), quanto dal dettato codiciale che disciplina invece la Renuntiatio Muneri. La Declaratio infatti afferma la Renutiatio Ministerio. Cosa significhi questa novita’ lo si scopre seguendo Violi nel suo esame dei passaggi del testo. (omissis)
In sostanza Benedetto XVI nella sua Declaratio distingue -secondo Violi -tra Munus Petrino ed Executio Muneris, e poi nella Executio Muneris, distingue tra una Executio amministrativo-ministeriale (agendo e loquendo) e una piu’ spirituale (orando e patiendo).
Puo’ sembrare una distinzione giuridica per specialisti , ma in realta’ quello che Violi ci sta dicendo e’ molto chiaro e ci riguarda tutti: “(Bendetto XVI) dichiara di rinunciare al Ministerium. Non al papato secondo la norma di Bonifacio VIII, non al Munus secondo il dettato del canone Can. 332 § 2, ma al Ministerium, o, come specifica’ nell’ultima udienza “all’esercizio attivo del ministero”… Il servizio alla Chiesa continua con lo stesxso amore e la stessa dedizione anche al di fuori dell’esercizio del potere . Oggetto della rinuncia irrevicabile infatti l’executio muneris mediante l’azione e la parola (agendo e loquendo), non il Munus affidatogli una volta per sempre.”
DOVE STA IL “caveat” DUNQUE?
Quale sarebbe dunque la base logico/teologica/giuridica, ovvero il presupposto in base alla Logica Razionale, il Depositum Fidei e il Diritto Canonico, della Declaratio di Benedetto XVI? Risiede palesemente nell’affermazione da parte sua che il Munus gli sarebbe stato affidato una volta per sempre.
Come dimostrato in (2), tuttavia, questa convinzione di Benedetto (sul carattere irrevocabile, quindi sull’eternita’ del Munus) non ha peraltro carattere obbiettivo e quindi non ha senso razionale, ne’ ha supporto teologico/giuridico [vedi anche (3)]. Come osservato da Don Enrico Roncaglia (*) questo accade per due motivi distinti: a) IL PRIMO: in quanto palesemente il Munus cessa sicuramente con la morte de recipiente, visto che lo stesso Munus va attribuito al successivo papa canonicamente eletto: b) IL SECONDO: in quanto il Munus puo’ essere ceduto, nel caso di rinuncia esplicita ad esso.
CONCLUSIONE: LA BASE LOGICO/TEOLOGICA/GIURIDICA MANCANTE DELLA DECLARATIO
Le implicazioni sono di enorme portata [VEDASI (2)]. Infatti se il Munus non e’ a carattere irrevocabile, allora la stessa Declaratio, anche se formulata in buona fede, e’ invalida dal punto di vista logico/teologico/giuridico!
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