Max 17 Marzo 2023 2 min read
La Corte Penale Internazionale dell’Aja (CPI) dopo quasi un anno di indagini e di istruttoria ha emesso un ordine di cattura internazionale presso tutti i 123 Paesi aderenti allo stesso organismo internazionale per l’arresto immediato del Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin. L’accusa e’ quella di «deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle zone occupate dell’Ucraina». Una decisione, quella dell’organismo dell’Aia, che di fatto obbliga tutti 123 Paesi del mondo che riconoscono l’istituzione internazionale, inclusi i 27 Stati membri dell’Ue, a privare della libertà il leader del Cremlino qualora dovesse mettere piede in una di queste nazioni. Una comunicazione che arriva a pochi giorni dalla consegna, da parte dei Radicali italiani, di 10mila firme per chiedere proprio alla Cpi di incriminare l’uomo forte di Russia.
Per le stesse ragioni, un secondo mandato d’arresto è stato spiccato anche per Maria Lvova-Belova, persona di fiducia di Putin, commissario per i diritti dei bambini presso l’Ufficio del presidente della Federazione russa.
L’Ue vuole Putin alla sbarra
L’Unione europea, già prima della decisione presa dalla Corte penale internazionale, ha espresso e ribadito l’intenzione di istituire un tribunale per i crimini di guerra commessi dalla Russia nel corso dell’aggressione in Ucraina.
A inizio mese, il 4 marzo scorso, le autorità ucraine hanno organizzato la conferenza «Uniti per la giustizia». E’ in questa sede che la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha ribadito che l’Ue sostiene il ruolo della Corte penale internazionale e che si ritiene «necessario un tribunale dedicato per perseguire il crimine di aggressione della Russia».
LE CONSEGUENZE
Le conseguenze pratiche (teoriche) implicano che se Vladimir Putin si recasse in uno dei 123 Paesi aderenti al CPI sarebbe immediatamente arrestato ed estradato a Bruxelles. Un evento improbabile si capisce. Ma Putin e’ diventato prigioniero in casa sua e non fa piu’ parte del consesso civile internazionale. A meno che non decida di ritirare (per davvero) le sue truppe dall’Ucraina, si capisce.
Ci aspettiamo naturalmente ben altre e piu’ gravi incriminazioni (visti i numerosissimi episodi di stragi perpetrate in Ucraina, con uso di armi di distruzioni di massa o meno).
Ma il messaggio verso Putin (e soprattutto i suoi scriteriati sostenitori) e il suo governo e’ chiaro: questa via e’ non solo illegale ma criminale.
Infatti si tratta dell’affermazione di un principio, o criterio fondamentale, da cui non si puo’ prescindere e che attiene alle regole che devono governare i conflitti bellici internazionali. Vogliamo dunque davvero essere scriteriati al punto da tornare alla pura barbarie (di Hitler, di Stalin, del nazismo e comunismo messi assieme, dei campi di sterminio nazisti e dei lager dell’ex URSS?). Se la risposta e’ sì buon viaggio all’inferno in terra!
Va da se, naturalmente, che questo principio dovrebbe essere applicato in retrospettiva anche per il passato (v. bombandamenti USA di Hiroshima e Nagasakio). Ma occorre verificare se il regolamento del CPI lo consente. Tuttavia e’ ovvio che queste considerazioni (tipiche della propaganda/disinformazione russa) non inficiano minimamente la gravissima accusa mossa a Putin.
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