FONTI (1):
“Europa mentalmente debole, la Russia è forte”. Parla Dugin
E’ il minaccioso “cervello di Putin”. “Noi fedeli al cristianesimo, voi avete il gender”. Dentro all’ideologia del Cremlino Di: Giulio Meotti – Il Foglio
Data di pubblicazione: 3 Marzo 2022
Europa e Stati Uniti hanno spesso ricambiato il favore ad Aleksandr Dugin. Un anno fa, il famoso politologo russo è stato messo alla porta in Grecia. Accompagnato dal patriarca di Mosca Kirill per una conferenza sul Monte Athos, Dugin è stato fermato all’aeroporto di Salonicco e gli è stato comunicato che il suo ingresso all’interno dei territori della Ue gli era interdetto. Un anno prima, il Dipartimento del tesoro degli Stati Uniti lo aveva inserito nella lista dei cittadini russi sotto sanzioni per la crisi ucraina. Un mese dopo è il Canada a mettere sotto embargo Dugin. Di lui hanno scritto tutti, da Foreign Policy, che lo chiama “il cervello di Putin”, al Sole 24 Ore, che la settimana scorsa lo ha definito il “Rasputin di Putin”. Figlio di un ufficiale sovietico, dissidente negli anni Ottanta, avversario di Eltsin negli anni Novanta, Dugin è un pensatore russo che un saggio della rivista australiana Quadrant ha definito “un consapevole folle postmoderno”. Ma un folle con accessi politici importanti.
Il suo libro, “Fondamenti della geopolitica”, è usato nelle scuole militari, Dugin è una presenza fissa sulla tv Tsargrad (canale patriottico voluto dal Cremlino e finanziato dal miliardario Konstantin Malofeev) e quando la Turchia ha abbattuto due aerei russi Dugin ha usato i suoi contatti ad Ankara per aiutare Putin a ricucire con Erdogan. Il filosofo coltiva anche relazioni in tutta Europa, come in Grecia, dove è molto amico del ministro degli Esteri, Nikos Kotziás, così come pare ci sia un legame con Steve Bannon, braccio destro di Donald Trump alla Casa Bianca. Dugin ha concesso questa intervista esclusiva al Foglio per spiegare non soltanto le sue idee, ma anche la visione che guida la Russia di Putin. Alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha parlato della nascita di un “ordine postoccidentale”. Questo è puro Dugin. Quanto è vicino a Putin? “E’ difficile rispondere, non sono così vicino al presidente come pensano alcuni, ma molte idee che ho espresso in filosofia, in politica, hanno molto influenzato Putin”, ci dice Dugin. “Non bisogna esagerare, anche se è vero che c’è stata un’influenza autentica delle mie idee sul presidente. Le idee hanno un proprio destino, e possono influenzare la logica della politica e della storia. Le idee sono enti viventi e possono trovare molti modi per arrivare alla gente. Il problema con l’occidente è proprio questo, è che non crede più nelle idee, c’è un mondo spirituale dove vivono le idee e che l’occidente non riconosce più”
Ad Aleksandr Dugin chiediamo dove nasca la sua avversione culturale per l’Europa che tanto sembra aver ispirato Putin. “Oggi l’Europa occidentale sta nella trappola della modernità e della postmodernità, il progetto della modernizzazione liberale va verso la liberazione dell’individuo da tutti i vincoli con la società, con la tradizione spirituale, con la famiglia, con l’umanesimo stesso. Questo liberalismo libera l’individuo da ogni vincolo. Lo libera anche dal suo gender e un giorno anche dalla sua natura umana. Il senso della politica oggi è questo progetto di liberazione. I dirigenti europei non possono arrestare questo processo ma possono solamente continuare: più immigrati, più femminismo, più società aperta, più gender, questa è la linea che non si discute per le élite europee. E non possono cambiare il corso ma più passa il tempo e più la gente si trova in disaccordo. La risposta è la reazione che cresce in Europa e che le élite vogliono fermare, demonizzandola. La realtà non corrisponde più al loro progetto. Le élite europee sono ideologicamente orientate verso il liberalismo ideologico”.
A Mosca, la vittoria di Donald Trump è stata accolta con favore, per usare un eufemismo. “Trump negli Stati Uniti ha preso il potere cambiando un po’ questa situazione, e l’Europa si trova oggi isolata”, continua Dugin. “La Russia oggi è il nemico numero uno dell’Europa perché il nostro presidente non condivide questa ideologia postmoderna liberal. Siamo nella guerra ideologica, ma stavolta non è fra comunismo e capitalismo, ma fra élite liberal politicamente corrette, l’aristocrazia globalista, e contro chi non condivide questa ideologia, come la Russia, ma anche Trump. L’Europa occidentale è decadente, perde tutta l’identità e questa non è la conseguenza di processi naturali, ma ideologici. Le élite liberal vogliono che l’Europa perda la propria identità, con la politica dell’immigrazione e del gender. L’Europa perde quindi potere, la possibilità di autoaffermarsi, la sua natura interiore. L’Europa è molto debole, nel senso dell’intelletto, è culturalmente debole. Basta vedere come i giornalisti e i circoli culturali discutono dei problemi dell’Europa, io non la riconosco più questa Europa. Il pensiero sta al livello più basso del possibile. L’Europa era la patria del logos, dell’intelletto, del pensiero, e oggi è una caricatura di se stessa. L’Europa è debole spiritualmente e mentalmente. Non è possibile curarla, perché le élite politiche non lo lasceranno fare. L’Europa sarà sempre più contraddittoria, sempre più idiota. I russi devono salvare l’Europa dalle élite liberal che la stanno distruggendo”.
“Irrisolta la questione ucraina” Ma la Russia non dovrebbe aspirare ad avvicinarsi all’Europa, come sembrava dopo il crollo del comunismo? “La Russia è una civiltà a sé, cristiana ortodossa. Ci sono aspetti simili fra Europa e Russia. Ma dopo il crollo del comunismo, quando la Russia si è avvicinata all’occidente, abbiamo capito che l’Europa non era più se stessa, che era una parodia della libertà, che era decadente e postmoderna, che versava nella decomposizione totale. Questo occidente non ci serviva più come esempio da seguire, per cui abbiamo cercato un’ispirazione nell’identità russa, e abbiamo trovato che questa differenza è fra cattolicesimo e ortodossia, fra protestantesimo e ortodossia, noi russi siamo ereditari della tradizione romana, greca, bizantina, siamo fedeli allo spirito cristiano antico dell’Europa che ha perso ogni legame con questa tradizione. La Russia può essere un punto di appoggio per la restaurazione europea, siamo più europei noi russi di questi europei. Siamo cristiani, siamo eredi della filosofia greca”. Al centro del pensiero di Dugin, accanto alla lotta al liberalismo, è l’Eurasia, a giustificazione dell’ambizione di Mosca di ritornare nelle terre ex sovietiche, dal Baltico al mar Nero, di restaurare il dominio sulle popolazioni non russe, arrivando a stabilire perfino un protettorato sull’Unione europea.
“I paesi vicini alla Russia erano costruzioni artificiali dopo il crollo dell’Unione sovietica e non esistevano prima del comunismo”, dice Dugin al Foglio. “Sono il risultato del crollo comunista. Erano invece parte di una civiltà euroasiatica e dell’impero russo prerivoluzionario. Non c’è aggressione di Putin, ma restaurazione di una civiltà russa che si era dissolta. Queste accuse sono il risultato della paura che la Russia si riaffermi come potere indipendente e che voglia difendere la propria identità. L’Ucraina, la Georgia, la Crimea, hanno fatto tanti errori contro la Russia e aggredito le minoranze russe che vivono in quei paesi”. Ma le avete invase. “La Russia con grande potere ha risposto alle violazioni dei diritti georgiani, osseti, ucraini, abkhazi, crimei. L’Europa non può comprendere l’atto politico per eccellenza, la sovranità, perché essa stessa ha perso il controllo della propria sovranità. Trump ha cominciato a cambiare la situazione negli Stati Uniti e ha ricordato che la sovranità è un valore e noi russi con Putin abbiamo ricordato questo al mondo prima di Trump”. La Russia quindi metterà gli occhi anche sui paesi della Nato al proprio confine, la questione di Kaliningrad, ex Koenigsberg, la patria di Kant, il cuneo fra est e ovest? “Geopoliticamente, i paesi baltici non rientrano nella sfera di interesse dei russi, con la Georgia siamo in un momento di stabilità, il problema resta con l’Ucraina, perché la situazione non è pacifica, non abbiamo liberato i territori dove l’identità pro russa è dominante, dove è vittima di un misto di neonazisti e neoliberali. L’Ucraina resterà il problema numero uno, ma con Trump c’è la possibilità di uscire dalla logica della guerra”.
Europa e islam. Putin si vanta di aver costruito un concordato con l’islam in Russia, mentre l’Europa è sotto attacco islamista. “Il problema non è con l’islam, ma le élite hanno fatto entrare milioni di musulmani, senza integrarli perché c’è un vuoto senza identità”, prosegue Dugin al Foglio. “In questo liberalismo non c’è più assimilazione culturale, gli europei non possono proporre ai migranti un sistema di valori, ma solo la corruzione morale. Questa politica suicida europea non può essere accettata dai migranti musulmani. E l’Europa si impegna per porre i musulmani, soprattutto i fanatici fondamentalisti, continuando a distruggere l’Europa: islamisti da un lato distruggono l’Europa e dall’altro ci pensano le élite liberal. L’ideologia wahabita e dello Stato islamico è il problema, non l’islam tradizionale che è vittima del fanatismo islamista. Senza questa politica dell’immigrazione, l’islam che esiste nelle sue terre non rappresenterebbe un rischio per l’Europa”. “Putin è forte, ma non lascia eredi”.
Da tre anni, la Russia ha costruito l’immagine di un paese che adotta politiche opposte a quelle dell’Europa. “I matrimoni gay e l’Lgbt sono questioni politiche, non morali. Non a caso l’ideologia liberale vuole destrutturare l’idea di uomo e donna. Putin ha compreso questo molto bene e ha cominciato a reagire contro questa visione che distrugge la società. Questo non è il problema della scelta personale e individuale, non ci sono leggi contro l’omosessualità, ma leggi contro la propaganda di questa ideologia gay che distrugge l’identità collettiva, che distrugge le famiglie, che distrugge la sovranità dello stato cercando di cambiare la società civile. Non è una questione morale o psicologica, ma politica”. Dugin è considerato un grande sostenitore di Putin, ma qui ne rivela i limiti.
“La storia è sempre aperta, non possiamo dire cosa sarà della Russia. Per creare un futuro forte e sano per la Russia dobbiamo fare molti sforzi, niente è garantito, ci sono molte sfide per la Russia e Putin è riuscito a rispondere a molte di queste, vincendo. Il problema del nostro paese consiste nella nostra forza e debolezza, Putin garantisce alla Russia la conservazione della sovranità e dell’identità, il ritorno sulla scena della grande Russia, ma siamo anche deboli, perché Putin rappresenta se stesso, non è riuscito a creare una eredità che possa garantire la sopravvivenza di questa idea della Russia. Finché c’è Putin, la Russia ha speranza di essere forte, ma Putin è un problema perché non ha istituzionalizzato la sua linea di pensiero. La Russia oggi è Putin-centrica”. Dunque, cosa vede in serbo per l’Europa? “Sono un seguace di René Guenon, che ha identificato la crisi della società occidentale europea ben prima del XXI secolo. La forma di degradazione spirituale dell’Europa è cominciata con il modernismo, la perdita dell’identità cristiana, ma è arrivato al culmine negli anni Novanta, quando tutte le istituzioni vennero plasmate dal liberismo di destra in economia e dal liberalismo di sinistra nella cultura. L’approvazione dei matrimoni gay mi hanno fatto capire verso dove stava andando l’Europa. Si arriverà presto al momento finale, dopo ci sarà il caos, la guerra civile, la distruzione. Forse è troppo tardi per ribaltare la situazione”.
(1) Vedi anche l’articolo di Silvia Pedrazzini: “Tutte le società dovranno riorganizzarsi sulla base della loro storia, libere da ogni dogmatismo” https://www.worldlifeo.com/news/intervista-al-filosofo-russo-alexander-dugin-tutte-le-societa-dovranno-riorganizzarsi-sulla-base-della-loro-storia-libere-da-ogni-dogmatismo
Abbiamo avuto la fortuna di intervistare probabilmente il più grande filosofo vivente. L’ideatore della Quarta Teoria Politica. Colui che viene subdolamente definito dai cani da guardia delle élite liberal progressiste “il filosofo più pericoloso del mondo”.
Ci ha parlato di una terribile lotta tra un mondo morente e una nuova realtà emergente. Tra l’agonizzante sistema unipolare, che fa capo alla UE e agli Stati Uniti di Biden, e il sistema multipolare, costituito dal blocco Eurasiatico.
Dugin ipotizza un mondo nuovo, un mondo più giusto. Un mondo nel quale i popoli possano organizzarsi secondo la loro storia, la loro cultura, la loro religione senza dover rendere conto a un potere centrale soffocante e indifferente.
Dugin vede nella Russia la guida morale di questa grande rivoluzione culturale, storica, economica, geopolitica e politica.
Chi vincerà questa guerra? I globalisti non si fermeranno davanti a niente. Siamo pronti a combattere per la nostra libertà?
Questa intervista è un appello, una chiamata. Dobbiamo essere consapevoli di chi siamo, della nostra identità, della nostra storia, della nostra cultura. Il nemico è forte e insidioso. Per questo dobbiamo unirci in questa grande guerra che vede due realtà a confronto: le élite globaliste o i popoli del mondo. Tirannia o libertà.
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Ci può descrivere la situazione in Russia. In Italia arrivano informazioni parziali e spesso travisate sulla situazione Russia “post-covid”.
Credo che in Russia le restrizioni non siano stato tanto brutali come in Occidente. Ci sono tuttavia ancora alcune restrizioni per entrare nei teatri, cinema, alcuni ristoranti, così come per il rispetto della distanza fisica, però non sono così radicali.
Credo che rispetto alla situazione COVID di altri Paesi dell’Europa, la Russia sia, in qualche modo, tranquilla. Ma non possiamo dire che noi Russi abbiamo vinto il COVID. Non è vero.
Gli unici che hanno vinto davvero sono i Cinesi, che hanno isolato dall’inizio la regione attaccata dal COVID e ne hanno limitato l’accesso. In Russia non abbiamo fatto questo e di conseguenza abbiamo avuto molti contagi, ma i medici hanno lavorato e tuttora lavorano molto bene, eroicamente.
I vertici del governo non hanno gestito la situazione brillantemente, ma tutto sommato hanno reagito in modo adeguato. Non possiamo definire la risposta governativa eccellente, ma a differenza di alcuni Paesi Europei, che si sono rivelati catastrofici nelle scelte compiute, hanno svolto un buon lavoro.
Il blocco Eurasiatico sembra avanzare inesorabile. Mentre il blocco UE e Nord Americano sembra retrocedere sempre di più. Come stanno cambiando gli assetti geopolitici del mondo?
Viviamo in un momento critico e cruciale e siamo in piena transizione dall’ordine che si era creato negli anni Novanta del secolo scorso, dopo il crollo dell’Unione Sovietica. L’Unione Sovietica esisteva nel contesto del bipolarismo. Dopo il crollo di questo, si affermò un ordine unipolare che è durato, più o meno, fino al momento attuale.
Ma vent’anni fa prese corpo un processo alternativo che vide l’autoaffermazione di due poli alternativi all’unico polo atlantista: la Cina e la Russia. La Cina e la Russia appartengono all’Eurasia. Sono due grandi potenze che hanno cominciato a riaffermarsi e sono ritornate sulla scena storica come poteri indipendenti. All’inizio erano in competizione tra loro, ma a poco a poco hanno capito che per uscire dall’influenza occidentale era necessario creare un patto eurasiatico e affermare un ordine mondiale multipolare.
Questa fu la decisione chiave che contrappose all’ordine unipolare un ordine multipolare, nel quale già convivevano due poli: il polo, finanziario ed economico, cinese, e il polo, militare e strategico, russo.
L’Eurasia rappresenta un sistema alternativo all’Ordine mondiale unipolare. E vuole essere autenticamente un sistema multipolare, non di proprietà russa, o cinese: si vuole dare realmente la possibilità ad altri poli di affermarsi. Infatti questa multipolarità non è riservata ai Cinesi o ai Russi, ma si tratta di una visione molto più ampia del mondo, dove possono coesistere altri poli, indipendenti dagli Stati Uniti.
Ma gli atlantisti – come nel caso di Biden che è a sua volta atlantista, neocon e globalista radicale – non vogliono che il sistema multipolare si diffonda. Vogliono imporre il vecchio sistema unipolare.
Per questo siamo in mezzo a una transizione: Biden, i globalisti, una parte dell’establishment americano hanno dichiarato guerra non solo alla Russia, ma anche a tutte le potenze e a tutti movimenti che sostengono la necessità di un nuovo ordine multipolare.
Hanno dichiarato guerra non solo alla Cina e alla Russia, ma anche al populismo americano, europeo, alle tendenze multipolari dell’America Latina, al mondo islamico: insomma a tutti coloro che sono a favore della multipolarità.
Il multipolarismo è diventato il nemico numero uno dell’unipolarismo. Ecco perché stiamo vivendo una transizione che possiamo definire radicale.
Possiamo affermare che il blocco Eurasiatico, fautore delle istanze multipolari cresca e le egemonie occidentali stiano crollando?
Le oligarchie occidentali hanno tuttora molto potere. Infatti possono vincere battaglie importanti: per esempio in Italia, il governo giallo-verde, che coniugava le forze populiste di destra e di sinistra, venne distrutto da queste forze liberali globaliste.
Vogliono distruggere i gilet gialli in Francia, dove esiste un’alleanza tra la destra populista e la sinistra populista. I globalisti sono pronti sferrare un ultimo grande attacco alla multipolarità.
Questo spiega l’attacco contro Putin, attraverso il tentativo di imporre Navalny; la grande pressione militare contro la Cina e il tentativo di far penetrare la marina americana nel Pacifico per difendere Taiwan; o il problema dell’Uyghur o altre questioni sensibili per la Cina. Questo non dipende dal comportamento di Putin o di Xi Jinping.
Sullo scacchiere geopolitico, il sistema unipolare agonizzante si scontra in una lotta senza pari contro il sistema multipolare emergente. Questo è l’attuale assetto geopolitico globale.
Secondo lei, i poteri forti che controllano il blocco UE e il Nord America riusciranno a destabilizzare la Russia come hanno fatto con gli Stati Uniti o l’affare Navalny ha sancito l’impossibilità di penetrare il tessuto socio-politico russo?
Il caso Navalny ha mostrato che un intervento diretto nella politica interna russa non poteva avere alcun successo, perché Navalny è quasi sconosciuto alla stragrande maggioranza della popolazione.
È un personaggio che non ha nessun appoggio popolare, se si escludono una parte della gioventù e della popolazione delle grandi città che sono a favore dell’Occidente e sono liberali, la cui massa critica dal punto di vista elettorale non è assolutamente percettibile. Questa gente rappresenta più o meno lo zero per cento nelle elezioni. Si tratta di uno zero statistico. Non è paragonabile alla situazione in Armenia dove esiste un’opposizione consistente . In Russia, statisticamente parlando, non c’è opposizione.
Per questo l’idea di penetrare nella politica interna russa è stata disastrosa. I globalisti non avevano nessuna possibilità di vincere, perché Navalny non è appoggiato da nessuno.
Ma era una prova per vedere come i Russi avrebbero reagito a un attacco. Possiamo inserire in un contesto di guerra sociale ibrida, il tentativo dei globalisti di imporsi e di penetrare nella politica interna russa.
Tentativo fallito, ma che ha permesso ai globalisti, anche grazie alla reazione violenta del governo russo contro Navalny, di rafforzare la NATO, di demonizzare Putin e di riallacciare le connessioni con l’Europa che con Trump si stava allontanando dagli Stati Uniti.
Biden è riuscito, con il caso Navalny, a ristabilire le relazioni, che si stavano sgretolando, con le èlite europee globaliste e occidentaliste. Per questo penso che ci stiamo gradualmente avvicinando a un confronto tra i sostenitori dell’unipolarismo e i sostenitori del multipolarismo.
Lo scontro decisivo è davanti a noi e non possiamo dire se vinceremo o perderemo per due ragioni molto importanti: se la Russia e la Cina vinceranno contro questo ultimo attacco sferrato dal potere morente atlantista americano occidentalista, rappresentato da Biden, significherà che l’ordine unipolare non esisterà più e che si formerà un nuovo status quo multipolare. Ma la guerra è la guerra e non possiamo sapere chi vincerà. In più gli Stati Uniti sono molto forti, malgrado la conclamata decadenza.
La Russia potrebbe rappresentare un faro di libertà nel mondo, anche attraverso la trasformazione in prassi politica della Quarta Teoria Politica?
Spero di si. La Russia deve e può avere questa funzione di faro di libertà. La Russia non deve sostituirsi alla dominazione americana, imponendo la propria egemonia, come durante la Guerra Fredda, quando vigeva un ordine bipolare. È molto importante che questo non accada. Questa è una missione totalmente diversa.
Per esempio, quando Putin si rivolge all’Europa non vuole convincerla a diventare pro Russia o pro America. Non si tratta di questo. Putin propone una cosa diversa.
Putin propone all’Europa di diventare pro europea.
Lo stesso al mondo islamico, al mondo cinese, al mondo indiano. È questa la proposta per un mondo multilaterale.
In questo senso, la Russia potrebbe e dovrebbe essere faro di libertà, ma questa volta della libertà vera, e non di una libertà che nasconde dietro di sé il dominio russo, mirante a colmare il vuoto creato dal crollo del dominio Nord Americano.
La Russia, questa volta, sinceramente sta lottando per la libertà di altre civiltà, di altri società, di altri Paesi.
E questa è la differenza sostanziale tra il mondo bipolare e il mondo multipolare. Solo in questo senso credo sia possibile interpretare la locuzione “faro di libertà”.
La Quarta Teoria Politica, che sto sviluppando, è un modo per opporsi al sistema dominante non attraverso recrudescenze quali il comunismo, il fascismo, o il nazionalismo. Queste sono forme politiche appartenenti alla modernità europea.
La Quarta Teoria Politica accetta tutte le forme politiche possibili fuori dalla modernità, dentro la modernità, occidentali, orientali, gerarchiche, democratiche, ma senza imporre un paradigma rigoroso. Non vuole pronunciare l’ultima parola nella logica internazionale e propone a tutte le società, a tutte le religioni, a tutte le culture, a tutti i popoli di sviluppare i propri concetti di politica.
La Quarta Teoria Politica non è un’ideologia come era l’ideologia liberale, comunista, fascista o nazionalista.
È una proposta affinché i popoli scelgano ciò che è meglio per loro, fuori da certe logiche egemoniche di potere, unendo le forze al di là della modernità politica.
Non possiamo ridurre tutte le forme politiche al liberalismo, al comunismo, al fascismo. Dobbiamo lottare contro il liberalismo dominate ed egemonico, senza precisare la nostra posizione.
Dopo la vittoria sul liberalismo, ogni popolo potrà scegliere la propria Teoria Politica, fondata sulla religiosità islamica per il mondo musulmano, sulla tradizione come il mondo cinese o indiano, sulla teoria della sinfonia dei poteri bizantina come nel caso della Russia.
Inoltre tutte le società dovranno riorganizzarsi sulla base della loro storia, libere da ogni dogmatismo.
Per questo la Quarta Teoria Politica è essenzialmente antidogmatica e pluralista.
È la lotta comune per difendere il principio autodeterminazione dei popoli.
Questo è il senso della multipolarità.
La Quarta Teoria Politica è la teoria che si sta sviluppando parallelamente con la teoria del mondo multipolare.
La Quarta Teoria Politica è la filosofia politica che corrisponde alla teoria del mondo multipolare.
Quanto potrà durare secondo lei il blocco UE e il Nord America? Come sperano di poter dominare il mondo, quando loro stessi hanno minato le fondamenta della civiltà che controllano (attraverso scelte scellerate quali lockdown, l’ideologia woke, green economy), mentre il blocco Eurasiatico (e anche Stati importanti come il Brasile), rispettando le differenti autonomie nazionali e rivendicando il diritto dei popoli di autodeterminarsi, acquisisce sempre più stabilità e credibilità?
In una prospettiva di più ampio respiro, non sarà possibile, per il blocco americano ed europeo, competere nella lotta con la multipolarità emergente.
Credo comunque che non siamo ancora giunti al punto di non ritorno. Il mondo unipolare, cioè gli Stati Uniti e l’èlite liberale europea, ha a disposizione molti mezzi: tecnologici, politici, sociali, tecnici, scientifici. Per questo il futuro è aperto.
Non è possibile dire che i globalisti hanno perso e il blocco eurasiatico ha vinto.
È in corso una lotta terribile.
Non è un processo meccanico che ci permette di conoscere i risultati prima della fine.
Questo è un processo drammatico storico che necessita di uno sforzo comune da parte di tutti i sostenitori della multipolarità, che essi siano americani o europei. Questa è una grande guerra comune e dipende dagli italiani, dagli americani trumpisti, dai gilet gialli, dai populisti di destra e di sinistra, dai musulmani, dai cinesi. Da tutti noi dipende il risultato di questa grande transizione.
Perché i globalisti non vogliono concederci la vittoria. Faranno di tutto per distruggere e uccidere il loro nemico e questo è una grande minaccia.
Non sono solo parole, questo è un momento molto serio e noi che sosteniamo il multipolarismo potremmo anche perdere questa guerra. Ed è necessario che comprendiamo questo punto, affinché la nostra visione del futuro sia responsabile e matura davanti agli eventi che potrebbero avvenire.