
Prof. Mario Tessarotto nel maggio-giugno 1947 davanti a Villa Irene Strudhoff, via Romolo Gessi 24-26, Trieste.
Questa e’, in sintesi, la storia di come “Villa Irene” (gia Villa Irene Strudhoff (1)) divenne sede dei corsi della Facolta di Ingegneria dell’Universita’ di Trieste che ebbero inizio sin dal 1 novembre 1945. La Facolta d’ Ingegneria era stata costituita con decreto ministeriale dell’8 agosto 1942 (la Legge n. 1135 stabiliva la creazione delle Sezioni Navale e Meccanica). Inoltre con l’avvento del GMA (Governo Militare Alleato) a Trieste dal 12 giugno 1945 la facolta’ era rimasta priva di una sede effettiva dato che gli edifici/laboratori della facolta’ erano stati requisiti da parte dello stesso GMA.
Tutto aveva avuto inizio il 28 aprile 1945 quanto mio padre aveva ricevuto (a Milano dove si trovava in quanto ospite del Politecnico) un telegramma dal Ministero della Pubblica Istruzione con l’ordine di prendere servizio presso la Facolta’ di Ingegneria dell’Universita’ di Trieste. Si trattava del trasferimento immediato della sua cattedra di insegnamento universitario di Ingegneria Meccanica dall’Universita’ di Cagliari dove aveva ricoperto la stessa posizione dal 1 novembre 1940 ed era stato anche preside della stessa facolta’. Il compito che lo aspettava era improbo: essendo la Facolta’ di Ingegneria priva di sede non avrebbe potuto nemmeno iniziare i corsi del biennio propedeutico’.
Il 30 aprile mio padre si mise in viaggio in treno partendo dalla Stazione Centrale di Milano (i treni avevano ricominciato a funzionare). nei due giorni successivi, dopo una tappa a Venezia,-riusci fortunosamente ad arrivare fino a Monfalcone. Ma Trieste non era direttamente raggiungibile. La ferrovia era interrotta essendo ancora zona di guerra (le truppe tedesche di stanza a Trieste non si erano ancora arrese) i mezzi civili non funzionavano. Tuttavia la 9ª brigata motorizzata Neozelandese (parte della 2ª divisione Neozelandese) che era nel frattempo sopraggiunta a Monfalcone (1 maggio) riusci’ ad arrivare a Trieste nel pomeriggio del giorno dopo (2 maggio). Questo e’ il motivo per cui mio padre lo stesso giorno (pomeriggio del 2 maggio 1945) pote’arrivare in citta’, al seguito delle truppe Neozelandesi (2). Era infatti miracolosamente riuscito a convincere il comandante della 9ª brigata motorizzata Neozelandese (generale Gentry) che avrebbe potuto fungere da intermediario/interprete (scusa evidentemente convincente).
La situazione a Trieste era drammatica. Gia’ dal 1 maggio del truppe titine erano entrate in citta’ ingaggiando combattimenti con le truppe tedesche asseragliate nel Palazzo di Giustizia e nel Castello di San Giusto. Nel frattempo i titini occupavano il municipio e la questura provvedendo fin da subito a proclamare l’annessione di Trieste alla Jugoslavia (municipio, questura e palazzo del governo furono subito “decorati” con bandiere rosse falce-e-martello nonche’ bandiere jugoslave con la stella rossa). La caserma della Guardia di Finanza italiana era stata presa dai titini senza colpo ferire con uno stratagemma (si erano spacciati per partigiani italiani). Il due maggio, i partigiani italiani che il giorno prima avevano partecipato all’occupazione vennero disarmati e immediatamente allontanati da Trieste. Da quel momento per quaranta giorni vi fu terrore e pulizia etnica sistematica a Trieste: i titini, militari della IV Armata dell’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia, e in particolare il famigerato IX Korpus sloveno formato da sloveni provenienti anche da zone vicine a Trieste, effettuarono numerose retate di italiani. Almeno 5000 persone, perlopiu’ semplici civili, vennero rapite per essere poi barbaramente trucidate infoibandole, cioe’ gettandole ancora vive nelle foibe del vicino Carso (3). Le parti della citta’ piu’ pericolose erano quelle in periferia dove gli italiani potevano essere catturati per la strada anche di giorno (4). L’occupazione jugoslava cesso’ solo il 12-13 giugno con l’arrivo delle truppe Americane e la successiva instaurazione, a partire dal 20 giugno, del Governo militare Alleato (GMA).
Per mio padre, passati i quaranta giorni di occupazione titina, l’attivita’ fu frenetica. Si impegno’ infatti sin da subito per invitare a Trieste numerosi professori provenienti dalle sue universita’ di provenienza (Roma e Cagliari, nonche’ il Politecnico di Milano). E nel frattempo si era messo anche alla ricerca di una sede per la Facolta’. Ma le difficolta’ nel secondo caso sembravano quasi insormontabili.
Infatti sin da subito gli inglesi si erano dimostrati ostili verso gli italiani. Nell’amministrazione del governo militare alleato vi furono, anche per questo, frizioni tra inglesi e americani (molto piu’ amichevoli verso gli italiani). Al punto che nel GMA vennero creati uffici separati americani e inglesi per gestire, ad esempio, le requisizioni di abitazioni civili necessarie a ospitare le attivita’ dello stesso GMA.
Mio padre ebbe quindi l’idea di contattare per questo sin dal giugno-luglio 1945 l’ufficio americano del GMA addetto alle requisizioni. E avvenne cosi’ che il 21 settembre 1945 (5) fu proprio un Colonnello Americano (comandante dello stesso ufficio requisizioni) a consegnare a mio padre (per conto dell’Universita’ di Trieste) la splendida villa Irene Strudhoff come sede della Facolta’ di Ingegneria per l’Universita’ di Trieste. Si trattava della stessa villa, con annesso magnifico parco, costruita nel 1840 da Giorgio Samuele Strudhoff (1) per la sua famiglia e che portava il nome di sua moglie. Lo stesso Strudhoff che fu fondatore della famosa Fabbrica Macchine di Sant’Andrea di Trieste e degli altrettanto famosi Cantieri Navali S.Rocco a Muggia. Tuttavia la villa era “sinistrata” e cionostante (si disse poi “miracolosamente”(5)) fu possibile metterla in sicurezza entro il 1 novembre 1945. Ciò’ permise il regolare inizio dei corsi del biennio di ingegneria appunto dal primo novembre 1945, inizio dell’anno accademico. Cui si iscrissero numerosi studenti (il 1 novembre 1947 erano gia’ ben 2300!). Perché lo so? Perché fu mio padre, il primo preside della Facoltà di Ingegneria, e perche’ fu lui a chiamare all’universita’ di Trieste numerosi colleghi dalle universita’ di Roma e Cagliari (universita’ da cui lui stesso proveniva) e a richiedere (gIa’ fin da giugno-luglio 1945) ed ottenere dal GMA la requisizione di villa Irene grazie alla collaborazione del colonnello americano responsabile appunto dell’ufficio requisizioni.
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(1) Si trattava della stessa villa costruita nel 1840 da Giorgio Samuele Strudhoff per la sua famiglia. Costui era il fondatore della nota Fabbrica Macchine di Sant’Andrea di Trieste e degli altrettanto famosi Cantieri Navali S.Rocco a Muggia.
(2) a bordo di un’autobotte militare Neozelandese.
(3) I pochissimi sopravvissuti hanno descritto la barbarIe delle uccisioni titine. Gran parte di quelle foibe, ma solo quelle rimaste in territorio italiano, sono ora monumenti nazionali italiani. E i morti infoibati, molti dei quali rimasti non identificati, sono ora ricordati nel giorno della memoria (10 febbraio). Ma le atrocita’ dei titini non finirono qui: barbare stragi e uccisioni simili furono compiute anche in Slovenia e Croazia tra le popolazioni slovena e croata. Infatti sia in Slovenia che Croazia per decenni dopo la seconda querra hanno continuato a scoprire, foibe, grotte e gallerie piene di resti umani. Si tratta, in buona parte, di cittadini sloveni e croati barbaramente uccisi semplicemente perche cattolici.
(4) mio padre aveva preso in affitto una stanza verso la fine di viale Sonnino (l’odierno viale d’Annunzio), proprio vicino a piazza Foraggi, zona particolarmente pericolosa perche’ frequentata dai militari titini.
(5) citazione da un discorso del Rettore dell’Universita’ di Trieste, prof. Angelo Cammarata (1947).